domenica 22 maggio 2016

Hai due figli artisti. Che fortuna!


Samuele "Sam" Puppo




















Valeria Chiara Puppo


Il lavoro che i miei figli hanno scelto è una strada in salita, sono fatiche immense in fondo alle quali a volte sfociano sorrisi, abbracci, strette di mano, soddisfazioni; molte altre volte piccole, grandi, grandissime delusioni. 

I mestieri che i miei figli hanno scelto per la vita sono decisioni difficili; sono appuntamenti ai quali presentarsi puliti, profumati e preparati; sono treni che passano una sola volta e magari nessuno sale; sono imparare a dire No e a gestire al meglio i propri Si; sono corse ad ostacoli; sono fregature; sono rari e creativi incontri tra anime affini in mezzo ad una marea di furbetti improvvisati che del talento comprendono solo il “no budget”: 
Samuele vuoi suonare gratis? Valeria vuoi ballare gratis? Senza pensare che dietro a quelle persone, a quegli artisti, ci sono anni di lavoro, d’impegno, di tempo, di rinunce, di soldi spesi a lezione dai migliori, di viaggi, di lavori stagionali come cameriera per volare a New York e studiare a Broadway,  di risparmi e sacrifici  in famiglia per comprare quella chitarra, quell'amplificatore, quel pedale.

Far parte di tutto questo come madre e “sponsor” significa arrabbiarsi per l'insensibilità, l’ignoranza, l'arroganza di tanti, significa soprattutto vivere nel backstage delle loro impegnative esistenze restando se possibile in silenzio (ma quando occorre farsi sentire) e SEMPRE ASSOLUTAMENTE uno, due, dieci, venti passi indietro perché i protagonisti sono loro, lo spazio è il loro, il tempo è il loro. 
Tu, al massimo, sei stata l'arco dal quale la freccia ha preso slancio e traiettoria; la fiamma che ha acceso il falò. E se proprio vuoi renderti utile devi lavorare nell'ombra, fare in modo che il fuoco non si spenga e custodire pazientemente la brace senza addormentarti mai, anche quando le palpebre si fanno pesantissime.

È così, io che conosco ogni retroscena delle loro scelte, applaudo tra il pubblico ma sempre molto meno di quanto dovrei visto che so quanto tempo ed impegno c'è voluto dietro a quelle note, a quel cd presentato con leggerezza, a quel preciso passo di danza. 
Confesso che a volte sorrido ma dentro mi si stringe il cuore dalla preoccupazione per una voce rotta dall’allergia, per un dolore all'ileopsoas o semplicemente perché sono le tre del mattino e alle sei e venti qualcuno si alzerà per andare a scuola.

Esserci sempre, ma un po’ di lato, è il mio modo di voler bene e aiutare i miei due figli artisti. 
Esserci sempre vuol dire anche interrogarsi sul loro futuro senza illusioni; vedere in una proposta un’ottima possibilità verso il successo e accettare il fatto che non la vogliano prendere in considerazione neppure un istante; vuol dire dispiacersi se non vengono compresi ma decidere di non proteggerli troppo, consapevole che le avversità li renderanno forti. (E qui volutamente tralascio la parte relativa a presunti finti amici, approfittatori, avvoltoi, collaboratori inaffidabili usa e getta e via così).
Esserci vuol dire gioire in silenzio quando solo e soltanto con le loro forze (perché a casa nostra è così che si fa) vincono un premio o sono ammessi ad un bando europeo, ed essere ancora più contenta quando leggo nei loro occhi l’intima soddisfazione per aver fatto bene quel che sanno fare.

Ieri sera gli allievi del Laboratorio di Danza di mia figlia Valeria, a Genova, hanno fatto una bellissima performance al Teatro Garage. Dietro ai loro gesti e alla loro energia ho visto molto di lei, della sua dedizione alla danza e all'insegnamento, frutto di una ricerca continua vissuta sulla pelle con graffi e ferite, cadute e risalite, sempre in prima persona. Vederla sorridere alla fine di tutto mi ha resa felice per lei e mi ha fatto ripensare a quella sua infinita ed instancabile danza vissuta, sudata, sofferta e masticata tra le piccole scuole locali dei suoi tre anni appena, le scuole di Genova e la grande, prestigiosa Accademia di Milano. Un percorso lunghissimo e costoso in ogni senso, non privo di ostacoli, di lacrime, d'incertezze e di telefonate lunghissime nei momenti di crisi, quando mollare tutto sembrava più facile del continuare. 
Ma a casa nostra: “Quando inizi una cosa la finisci”. E così è arrivata felicemente al diploma.
A luglio Samuele studierà due settimane a Perugia perché è stato ammesso alle Clinics per chitarristi della Berklee Summer School di Boston nell’ambito di Umbria Jazz. 
Io sarò con lui come sono stata a Pistoia per il blues e ovunque la musica lo abbia portato fino ad oggi. Sarà bellissimo, entusiasmante e come sempre impegnativo perché si tratta di piccoli passi verso qualcosa che non sappiamo, che non ha forma e che per ora ha solo il colore dei sogni.

Ma questi mestieri sono così: si salta nel buio. Ci si lancia senza paracadute.
Chi decide di aiutare i figli ad inseguire passioni e talenti è sicuramente fortunato, ma deve a sua volta mettersi in gioco, deve crescere, deve imparare a correre, a fare le valigie in fretta e chiudersi la porta di casa dietro le spalle, deve adattarsi con gioia e ottimismo ai cambiamenti, essere duttile e soprattutto prepararsi a vederli volare via. 

E se il volo sarà breve, ancora una volta essere lì, pronta ad abbracciarli e a ringraziarli per aver comunque provato a dar sole, vento e aria alle loro splendide ali. 
















Alle donne vittime di mariti violenti posso solo dire: SALVATEVI!

Penso che ogni giorno dell'anno dovremmo ricordare le donne che subiscono violenza. Da figlia di una donna che di botte ne ha ...