La scena è nota: due quindicenni dell’istituto per
ragionieri di Bassano del Grappa sono stati sorpresi il 18 febbraio scorso
durante l’orario di lezione, mentre facevano sesso nel bagno dei maschi.
A scoprirli è stato
un compagno che al rientro in classe ha
commentato: "Qualcuno in bagno si sta
divertendo". Com’era prevedibile la notizia si è diffusa in un lampo,
dentro e fuori la scuola, anche grazie alla cassa di risonanza di Facebook.
I dirigenti
dell’istituto hanno reagito in modo sorprendente: entrambi gli alunni sono
stati sospesi, ma con misure differenti; un giorno a lui e ben quattro a lei
per “l'aggravante” di essere entrata nei bagni maschili. In sostanza, per il
preside, il problema non era tanto fare sesso a scuola ma farlo nel bagno sbagliato!
Con questa singolare
punizione penso che la scuola abbia perso un’occasione: offrire ai ragazzi la
possibilità di parlare liberamente di sesso, analizzando la realtà senza falsi
moralismi e provvedendo a fornire loro un’adeguata informazione. Il tutto
evitando le inutili sospensioni.
Il primo dato da non sottovalutare è che si è
notevolmente abbassata l’età della “prima volta”, ma non è aumentata, in
proporzione, l’educazione sessuale
nelle scuole, dove ormai neppure gli insegnanti di Scienze contemplano più
l’idea di parlare di questi argomenti con i loro alunni.
Il secondo dato su
cui riflettere è che si sono amplificate ad ampio raggio le occasioni tramite
le quali i ragazzi vengono a conoscenza della sessualità, ma non quella sana,
fatta di curiosità, reciprocità e scoperta,
bensì quella distorta ed esibita fino alla nausea in video, tv,
pornografia.
Di fronte a tanti
vuoti la domanda che dovremmo porci è: come salvare i nostri figli da una
concezione consumista del sesso? Come fornire un’informazione adeguata e non
bacchettona, evitando che ciò che riguarda il meraviglioso mondo della sessualità arrivi loro in faccia come un
pugno, nei suoi aspetti peggiori, navigando sul web?
Se per un ragazzo di
15-16 anni vedere in rete le mille donnine nude e semi nude può essere fonte di
sogni ed eccitazione, come potrebbe non provare le stesse emozioni guardando le
foto postate su Facebook delle tante teenager che si atteggiano a Lolite
proponendo un modello imitato, usurato e squallido?
E qui entrano in
ballo i genitori. Possibile che non si accorgano di nulla? Possibile che non ci
siano parole per spiegare ad una figlia che la donna è altro da questo? E
ancora: possibile che in Italia il regalo più ambito dalle ragazze che superano
l’esame di maturità siano un paio di tette al silicone? Possibile che le
famiglie non dicano: poiché ti voglio bene, niente protesi ma solo doni al tuo
cervello. Gli 8 mila euro dell’intervento usali per vedere il mondo (ma poi si
possono fare regali tanto costosi per una banale Maturità?)
Le ragazze sono le
prime e più facili prede del cliché imposto da un mondo ancora troppo maschile.
Ecco allora il proliferare di profili di minorenni più nude che vestite, disinibite e dal linguaggio esplicito. Da “Sex
and the City” a "Secret Diary of a Call Girl" (Diario di una
squillo perbene), ai videoclip dei rapper e in generale di tutta la neo-cultura
di colore, il messaggio che passa è uno e uno soltanto: la donna, per essere
attraente e “mostrare gli attributi” deve essere svestita, disponibile,
accessibile.
Accade così che
precoci e procaci teenager conciate da “Squillo perbene” o “Lady Bourlesque”
soppiantino bellezze acqua e sapone
perché i maschietti, vittime a loro volta del bombardamento che li riguarda,
notano solo quelle che somigliano ai modelli imposti dai media.
Seguo con attenzione
il mondo dei Social Network, cerco di decodificare i messaggi indirizzati al pubblico
giovanile che passano in tv e devo dire che la donna non ne esce mai a testa
alta perché vittima del pericoloso misunderstanding che confonde emancipazione
con disponibilità sessuale. Tale stravolgimento
dei costumi, in barba alle sudate lotte del Movimento delle Donne, porterà a
conseguenze sociali e antropologiche che saremo in grado di valutare solo tra
molto tempo.
In una scuola media
della provincia di Savona, lo scorso anno, girava tra gli studenti un
tariffario redatto dalle ragazze: 10, 20, 30, 50 euro a seconda della
prestazione sessuale. Il tutto per l’acquisto di una ricarica di cellulare o
per potersi permettere borsa o scarpe griffate. Un caso tanto emblematico
suggerisce emancipazione, intraprendenza o prostituzione?
Penso che i primi
responsabili di tanto degrado siano i genitori che continuano a vedere i figli
come teneri virgulti e non si rendono conto della realtà. Il mondo cambia. La
società cambia. I costumi cambiano. Quindi, tornando al caso di Bassano del
Grappa, ritengo che anziché sospendere i
due quindicenni, il preside avrebbe
dovuto aprire un confronto con i ragazzi e le loro famiglie per interrogarsi
sui modelli che inducono a determinati comportamenti.
Da madre di un
maschio ritengo doveroso insegnare a mio figlio che le ragazze sono da rispettare, a partire dall’offrire loro un posto diverso dal bagno di una
scuola per fare l’amore. A mia figlia adolescente ho sempre spiegato che lei e
solo lei poteva disporre del
suo corpo; che il sesso era un valore e sarebbe stato bello farlo con
sentimento e con un ragazzo responsabile (meglio se con un
preservativo in tasca). Ad entrambi, infine, ho cercato di trasmettere
una mia profonda convinzione: il corpo è una cattedrale, un "luogo" sacro e magico che non si devasta buttandosi via con droghe, alcol o sesso squallido.
Ma se contro le
mie convinzioni un bel giorno, entrambi, decidessero di trasformarsi in “sex
machines”, mi piacerebbe fosse una libera scelta e non una
modalità dettata dalla moda.
Di questo e non solo
di regole sull’utilizzo dei bagni dovrebbero parlare, a mio parere, insegnanti, genitori e ragazzi della scuola di Bassano del
Grappa.