martedì 28 febbraio 2012

MELINA RICCIO POETESSA DI STRADA



Alcuni la definiscono “street artist d'avanguardia”; altri la seguono con macchine fotografiche e telecamere cercando ovunque le sue tracce. Su di lei sono stati aperti blog e realizzati video, ma chi è, veramente, Melina Riccio? Una donna di fede che sogna di riempire il mondo di poesia.
“Bevi l’acqua corrente che rende la gente intelligente; lascia l’acqua stagnante che fa la gente ignorante”; “Apri il tuo cuore e ricevi amore. Ama la spazzatura che non è la vera lordura” . 
Queste alcune delle sue frasi più celebri ma Melina, che anche a tu per tu e nelle  rare interviste parla in rima, di poesie ne sforna ogni momento.  Nata ad Ariano Irpino in provincia di Avellino oltre mezzo secolo fa, la Riccio vive a Genova con un’unica ambizione: “salvare l'umanità con messaggi d’amore, pace, ambientalismo, giustizia”. Le sue brevi poesie scritte, cucite, inserite in collage ed installazioni, si possono leggere anche a Torino, Milano, Rimini, Roma, Salerno e il mio ultimo avvistamento è stato, qualche giorno fa, alla stazione di Varazze (Savona), grazie ad un’amica che me l’ha fatto notare.
Il suo Tag corrisponde al suo nome e cognome ed è inconfondibile, con la M che diventa un cuore sorridente e si conclude con una stella. La grafia è elegante, pulita. Per questo si nota. Chi l’ha conosciuta dice che è dolce e ha una frase gentile per tutti. Se si è fortunati si può anche ricevere in dono un piccolo cuore di stoffa con la sua firma cucita. Racconta Folco di Milano :
 “Mi ha fermato un paio d’anni fa a Parco Sempione per raccontarmi una filastrocca, regalarmi un fiore di stagnola con un cuoricino di pezza rossa  e dirmi che il fumo  fa male e che fumando avrei fatto solamente il bene del male, che é il denaro, che é il capitalismo, che non c’entra nulla col mondo. Non ha voluto soldi. E’ stata gentile e io me la ricordo, lei e il suo discorso, e credo fosse proprio quello che voleva. Farsi ricordare”.
Per molti Melina è una barbona, un’anormale, una disadattata, ma lei non chiede niente e ci regala il suo cuore e i suoi semplici versi. Trovare una mattina sotto casa un suo messaggio rosa sul bidone sporco della spazzatura, penso non sia altro che pura poesia. 


Melina Riccio

sabato 25 febbraio 2012

"QUALCUNO IN BAGNO SI STA DIVERTENDO": SESSO A SCUOLA TRA QUINDICENNI




La scena è nota: due quindicenni dell’istituto per ragionieri di Bassano del Grappa sono stati sorpresi il 18 febbraio scorso durante l’orario di lezione, mentre facevano sesso nel bagno dei maschi.
A scoprirli è stato un compagno che al rientro in classe ha commentato: "Qualcuno in bagno si sta divertendo". Com’era prevedibile la notizia si è diffusa in un lampo, dentro e fuori la scuola, anche grazie alla cassa di risonanza di Facebook. 
I dirigenti dell’istituto hanno reagito in modo sorprendente: entrambi gli alunni sono stati sospesi, ma con misure differenti; un giorno a lui e ben quattro a lei per “l'aggravante” di essere entrata nei bagni maschili. In sostanza, per il preside, il problema non era tanto fare sesso a scuola ma farlo nel bagno sbagliato!
Con questa singolare punizione penso che la scuola abbia perso un’occasione: offrire ai ragazzi la possibilità di parlare liberamente di sesso, analizzando la realtà senza falsi moralismi e provvedendo a fornire loro un’adeguata informazione. Il tutto evitando le inutili sospensioni. 
Il primo dato da non sottovalutare è che si è notevolmente abbassata l’età della “prima volta”, ma non è aumentata, in proporzione,  l’educazione sessuale nelle scuole, dove ormai neppure gli insegnanti di Scienze contemplano più l’idea di parlare di questi argomenti con i loro alunni.
Il secondo dato su cui riflettere è che si sono amplificate ad ampio raggio le occasioni tramite le quali i ragazzi vengono a conoscenza della sessualità, ma non quella sana, fatta di curiosità, reciprocità e scoperta,  bensì quella distorta ed esibita fino alla nausea in video, tv, pornografia.
Di fronte a tanti vuoti la domanda che dovremmo porci è: come salvare i nostri figli da una concezione consumista del sesso? Come fornire un’informazione adeguata e non bacchettona, evitando che ciò che riguarda il meraviglioso mondo della  sessualità arrivi loro in faccia come un pugno, nei suoi aspetti peggiori, navigando sul web?
Se per un ragazzo di 15-16 anni vedere in rete le mille donnine nude e semi nude può essere fonte di sogni ed eccitazione, come potrebbe non provare le stesse emozioni guardando le foto postate su Facebook delle tante teenager che si atteggiano a Lolite proponendo un modello imitato, usurato e squallido?
E qui entrano in ballo i genitori. Possibile che non si accorgano di nulla? Possibile che non ci siano parole per spiegare ad una figlia che la donna è altro da questo? E ancora: possibile che in Italia il regalo più ambito dalle ragazze che superano l’esame di maturità siano un paio di tette al silicone? Possibile che le famiglie non dicano: poiché ti voglio bene, niente protesi ma solo doni al tuo cervello. Gli 8 mila euro dell’intervento usali per vedere il mondo (ma poi si possono fare regali tanto costosi per una banale Maturità?)
Le ragazze sono le prime e più facili prede del cliché imposto da un mondo ancora troppo maschile. Ecco allora il proliferare di profili di minorenni  più nude che vestite, disinibite e dal linguaggio esplicito. Da “Sex and the City” a "Secret Diary of a Call Girl" (Diario di una squillo perbene), ai videoclip dei rapper e in generale di tutta la neo-cultura di colore, il messaggio che passa è uno e uno soltanto: la donna, per essere attraente e “mostrare gli attributi” deve essere svestita, disponibile, accessibile.
Accade così che precoci e procaci teenager conciate da “Squillo perbene” o “Lady Bourlesque” soppiantino bellezze  acqua e sapone perché i maschietti, vittime a loro volta del bombardamento che li riguarda, notano solo quelle che somigliano ai modelli imposti dai media.
Seguo con attenzione il mondo dei Social Network, cerco di decodificare i messaggi indirizzati al pubblico giovanile che passano in tv e devo dire che la donna non ne esce mai a testa alta perché vittima del pericoloso misunderstanding che confonde emancipazione con disponibilità sessuale. Tale stravolgimento dei costumi, in barba alle sudate lotte del Movimento delle Donne, porterà a conseguenze sociali e antropologiche che saremo in grado di valutare solo tra molto tempo.
In una scuola media della provincia di Savona, lo scorso anno, girava tra gli studenti un tariffario redatto dalle ragazze: 10, 20, 30, 50 euro a seconda della prestazione sessuale. Il tutto per l’acquisto di una ricarica di cellulare o per potersi permettere borsa o scarpe griffate. Un caso tanto emblematico suggerisce emancipazione, intraprendenza o prostituzione? 
Penso che i primi responsabili di tanto degrado siano i genitori che continuano a vedere i figli come teneri virgulti e non si rendono conto della realtà. Il mondo cambia. La società cambia. I costumi cambiano. Quindi, tornando al caso di Bassano del Grappa, ritengo che  anziché sospendere i due quindicenni, il preside avrebbe dovuto aprire un confronto con i ragazzi e le loro famiglie per interrogarsi sui modelli che inducono a determinati comportamenti.
Da madre di un maschio ritengo doveroso insegnare a mio figlio che le ragazze sono da rispettare, a partire dall’offrire loro un posto diverso dal bagno di una scuola per fare l’amore. A mia figlia adolescente ho sempre spiegato che lei e solo lei poteva disporre del suo corpo; che il sesso era un valore e sarebbe stato bello farlo con sentimento e con un ragazzo responsabile (meglio se con un preservativo in tasca). Ad entrambi, infine, ho cercato di trasmettere una mia profonda convinzione: il corpo è una cattedrale, un "luogo" sacro e magico che non si devasta buttandosi via con droghe, alcol o sesso squallido.
Ma se contro le mie convinzioni un bel giorno, entrambi, decidessero di trasformarsi in “sex machines”, mi piacerebbe fosse una libera scelta e non una modalità dettata dalla moda. 
Di questo e non solo di regole sull’utilizzo dei bagni dovrebbero parlare, a mio parere, insegnanti, genitori e ragazzi della scuola di Bassano del Grappa. 

venerdì 17 febbraio 2012

Someone like you, le alchimie musicali di una canzone perfetta



Se all’ascolto di una canzone di Adele vi assalgono brividi e commozione è merito dell' “appoggiatura”.

Molti brani di successo annoverati tra quelli “da brivido”, sono stati analizzati da studiosi risultando essere la perfetta alchimia tra diversi elementi compositivi.

Il primo ad occuparsi di queste tematiche fu, vent’anni fa, lo psicologo inglese John Sloboda che condusse un semplice esperimento: chiese a diversi esperti di musica di elencare i passaggi di canzoni che notoriamente provocavano, nell’ascoltatore, lacrime o pelle d’oca. Furono così identificati venti passaggi che portavano al pianto. Quando Sloboda ne analizzò le proprietà scoprì una caratteristica comune: 18 di questi contenevano l'espediente musicale chiamato “appoggiatura” che trae origine da alcune forme ornamentali introdotte verso l'IX secolo dai cantori medievali nei canoni gregoriani. 

L'appoggiatura è formata da una nota che, anteposta a un’altra o ad un accordo, toglie un valore alla nota successiva creando una dissonanza che genera tensione nell’ascoltatore e la risolve con il ritorno al suono originale. Molte  "appoggiature" vicine parrebbero generare il ciclo di tensione e rilascio che provoca la reazione emotiva.
La teoria di Sloboda  è stata recentemente rispolverata dal Wall Street Journal nell’intento di analizzare il grande, planetario, successo della cantante Adele con il brano: Someone Like You, contenuto nell’Album con il quale ha recentemente  trionfato al  Grammy Awards 2012. Alla storia commovente della fine di un amore, Adele avrebbe aggiunto le “appoggiature”.

Oltre al brano di Adele, gli psicologi Martin Guhn e Marcel Zentner dell’Università della British Columbia, che hanno partecipato alla stesura di uno studio sull’argomento, hanno analizzato diversi altri pezzi musicali che causano reazioni emotive intense; li hanno fatti ascoltare ad un campione di persone monitorando contemporaneamente le loro reazioni fisiologiche come il battito cardiaco e la sudorazione. I passaggi che davano i brividi avevano in comune 4 elementi:
Iniziavano in modo sommesso diventando più forti all’improvviso; includevano il brusco ingresso di una nuova “voce”   come un nuovo strumento o un’armonia; spesso comportavano un’espansione delle frequenze suonate; tutti i passaggi contenevano inaspettate deviazioni nella melodia o nell’armonia.
In sintesi, farebbe rabbrividire ed emozionare la musica che include, nella sua struttura,  sorprese nel volume, nel timbro e nel tessuto armonico.

Quindi la canzone di Adele, da lei magistralmente cantata, crea una riconosciuta atmosfera magica, struggente e malinconica perché contiene un sapiente mix di  tutti gli elementi analizzati.
Un altro studio condotto da un team di neuroscienziati alla McGill University ha rivelato che la musica che suscita forti emozioni attiva il rilascio di dopamine nell’area del cervello con cui percepiamo il piacere, un po’ come avviene con il cibo, le droghe,  il sesso. In virtù di questa “chimica” saremmo quindi portati a ripetere l’esperienza: più emozioni ci suscita una canzone, più desideriamo ascoltarla.
Non saprei valutare se la teoria del Wall Street Journal in merito alla bellissima canzone di Adele sia valida perché non sono una musicista. Certamente è suggestiva.  

Ma a voi, quali canzoni danno i brividi?  

mercoledì 15 febbraio 2012

Scarpette da punta e anoressia: la coraggiosa denuncia di Marygarret

Il 15 marzo 2012 Marygarret (nella foto) sarà a Genova, Palazzo Ducale, ospite dell'associazione "Mi nutro di vita" in occasione della 1° Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla per la lotta ai disturbi del comportamento alimentare. 
Un frutto a pranzo. Uno yogurt a cena. Spesso è questa la dieta di chi danza. Un corpo etereo, diafano e perfetto si raggiunge solo con faticose privazioni. 
Maria Garritano, in arte Marygarret, 33 anni, di Cosenza, danzatrice del corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano, con il libro: “La verità, vi prego, sulla danza” edito da Italia Press, ha alzato il velo sulla crudele realtà di questa disciplina confermando ciò che molti già sapevano: la straordinaria leggerezza delle ballerine classiche è spesso frutto di un digiuno disperato. Di una fame infinita. Della rinuncia alla propria femminilità.
Scrive Mary: “Ho iniziato a ballare a tre anni. Mi piacevano l’odore di legno della palestra e quello delle tutine di lycra, le scarpette di raso con la punta imbottita. Crescendo l’impegno è diventato più serio e la palestra il mio mondo perfetto”. Cullata dalle note di Mozart e Chopin, Marygarret si trasferisce a Milano 16 anni dopo aver superato l’audizione per la prestigiosa scuola dell'Accademia Teatro Alla Scala. Ecco il suo racconto:
"<Devi rivedere la tua forma fisica>. Questa la frase più gentile che mi sentivo ripetere da certi insegnanti che non risparmiavano neppure battute del tipo <sei gonfia come un raviolo cinese> o <sei molle come una mozzarella>.
Io ero abituata a pensare al cibo come una gioia e quelle parole, per me, erano schiaffi. E’ stato così che ho iniziato a pensare che il talento fosse tutto nella magrezza. Cominciai una ferrea dieta fai da te: meno mangiavo più mi sentivo brava. Ne ho viste tante diventare anoressiche. Ho conosciuto ragazze terrorizzate all’idea di tornare a casa da mamme pronte ad umiliarle se si concedevano il lusso di un gelato fuori programma.
Per una ballerina forte e determinata, ce ne sono cento fragili e spaventate. Una mia collega giapponese che ha dovuto rinunciare alla danza a causa dell’anoressia, mi ha confidato che la sua paura di ingrassare era tale che, anche in ospedale sotto flebo, stringeva gli addominali per bruciare più calorie". 
Il racconto di Marygarret si estende anche ad altri aspetti della vita dei danzatori, fatta di sacrifici personali e familiari, compromessi, competizione esasperata. Il libro-verità ha determinato il licenziamento della danzatrice che non ha ricevuto alcun sostegno dalle colleghe e dai colleghi del corpo di ballo milanese. Ma lei, senza scoraggiarsi, ha aggiunto che proprio lì, Alla Scala, una ballerina su cinque è anoressica e una su tre non ha le mestruazioni. 
Sul caso Luca Gandolfi, capogruppo dell’Italia dei valori in Provincia di Milano, ha presentato un’interrogazione: “Chiediamo che venga organizzata un’audizione della Direzione della Scala in Commissione Cultura e Garanzia e Controllo. La Scala è una partecipata della Provincia e il Consiglio non può non prendere una posizione. L’invito va ovviamente anche alla Garritano che ci auguriamo voglia venire in Commissione a relazionare”. La ballerina ha accettato. 
Chi conosce il mondo della danza sa che la denuncia della Garritano è un sano grido di disperazione; una voce che si alza a svelare il dolore che si nasconde dietro ad un lavoro impegnativo, prestigioso ed unico, svolto da creature talvolta fragili che pagano un prezzo altissimo per immolarsi sull'altare dell'arte. Personalmente, quando assisto alla meravigliosa perfezione di quei corpi senza peso, scolpiti da ore e ore di allenamento, provo una duplice sensazione: da un lato l’ammirato apprezzamento per il duro lavoro e la ferrea disciplina che hanno plasmato quei fisici; dall’altro il disagio di assistere ed essere complice di un rito sacrificale esasperato che si consuma in nome del Dio della Bellezza. Non potrei concepire una vita senza l'armonia della danza, ma penso che il rispetto della fisicità di ognuno e l’amore per tutte le forme che la vita ci ha voluto donare, siano un buon punto di partenza, che non toglierebbe nulla all’espressività artistica della disciplina tersicorea. 
Certo, da spettatori, si rimane estasiati di fronte a tanta indiscutibile Bellezza, ma è sempre doveroso guardare oltre le apparenze. 


sabato 11 febbraio 2012

Un febbraio antico





Nelle difficoltà del clima riscopriamo valori perduti: l'attenzione al vicino di casa o all'anziano che vive solo e non riesce ad andare a fare la spesa. La neve e il gelo ci obbligano a rallentare ed è una benedizione. Niente più fretta. Niente corse per prendere il treno o l'autobus. Niente code in auto. I negozi si raggiungono a piedi sfidando vento siberiano e fiocchi di neve, imbacuccati come nei vecchi film in bianco e nero.
Nel disagio di questo "febbraio antico" ritroviamo il silenzio, la pazienza di spalare la neve, annusare l'aria, osservare cosa promette il cielo; il piacere di un tè condiviso.  












martedì 7 febbraio 2012

Non abbiamo fuoco



Falò di San Giovanni 2013 - Sassello (SV)


Forse le nostre ansie non hanno lettori.
Forse la strada è sbagliata fin dall'inizio
e sbagliata sarà anche alla fine.
Forse le lanterne che ad una ad una accendiamo

il vento una a una le spegnerà.
Forse bruciamo la vita per illuminare gli altri
e non abbiamo fuoco per riscaldare noi stessi.
Forse quando tutte le lacrime saranno versate
la terra sarà più fertile.
Forse noi cantiamo il sole
e dal sole siamo cantati.
Forse più grande è il peso sulle spalle
più alta torreggia la fede.
Forse gridiamo contro tutte le sofferenze
ma sulle personali sventure non possiamo che
tacere.
Forse per un irresistibile richiamo
non abbiamo altra scelta.
(Shu Ting)



Shu Ting (pseudonimo di Gong Peiyu) nasce nel 1952 a Jinjiang, nella provincia del Fujian. Non riesce a terminare le scuole superiori a causa della rivoluzione culturale e viene mandata a lavorare nella povertà delle campagne fino al 1973. Quando torna nel Fujian, intraprende le occupazioni di operaia edile, operaia tessile e operaia in una fabbrica di lampadine. Nonostante queste dure esperienze, la sua ferma fede nello spirito umano la porta alla poesia. 

Alle donne vittime di mariti violenti posso solo dire: SALVATEVI!

Penso che ogni giorno dell'anno dovremmo ricordare le donne che subiscono violenza. Da figlia di una donna che di botte ne ha ...