giovedì 26 aprile 2012

Vittorio Rullo: il fascino indiscreto della semplicità


L'impulso creativo di Vittorio Rullo non ha filtri e il gesto arriva alla pancia, ricettore delle emozioni più vere. La sua cifra artistica si afferra al volo perché nulla è più  intuitivo e spontaneo della sua opera.
Vittorio è nato a Catanzaro 52 anni fa ed è seguito dalla Cooperativa sociale Il Faggio di Savona che assiste soggetti con lievi disturbi della sfera psichica. Per la sua storia e il suo background si colloca nel filone Art Brut, termine coniato in Francia nel 1947 per definire l'attività di "artisti loro malgrado", che creano senza intenzioni estetiche, per una pulsione emotiva che si manifesta in una comunicazione immediata e sintetica, di grande efficacia pur nell'estrema semplicità dei mezzi. Ed è così che Rullo lavora: senza convenzioni formali, animato da puro istinto ed urgenza espressiva.
Quel che apprezzo della sua  febbrile produzione è il fatto che sia  totalmente distante dagli intellettualismi che spesso cementano il substrato degli artisti, indipendentemente dalla loro fama o grandezza. Seguirlo mentre lavora è un’esperienza indimenticabile. Vittorio modella la terra con passione ed enfasi quasi  infantile abbinata ad un’indubbia conoscenza tecnica. Il tutto arricchito da notevoli capacità di straniamento che lo rendono refrattario alle influenze esterne  e totalmente autentico.
Le sue sculture raccontano di ere arcaiche, di animali misteriosi e irsuti a volte in lotta tra loro, a volte feriti o vinti, di uomini e donne che si abbracciano con tenerezza o si accoppiano con estremo desiderio carnale. Se si chiede a Vittorio della sua arte, si mostra schivo, sminuendo senza esitazione un lavoro certosino acquisito in lunghi anni di esperienza. Perché lo fa? Perché per lui l'arte è solo l'istante della creazione.
Il mondo di Vittorio, che ha recentemente vinto il premio del pubblico alla rassegna "Artisti in mostra" tenutasi alla Fiera di Parma, non è solo popolato di animali in lotta per la supremazia, di uomini e donne sospesi in interminabili attimi di struggente dolcezza o in espressioni eroticamente ardite, ma anche  di presepi “laici” fatti di elementi semplici ed essenziali pur nella loro apparente complessità.
Vittorio quando crea non si compiace; manipola la terra con la forza della sua profonda autenticità e la anima rendendola eternamente viva grazie ad una visione fuori dall'ordinario,  carica di forza espressiva. 
A chiunque apprezzi il filone Art Brut suggerisco di fare un salto nel laboratorio albisolese di Marco Tortarolo  mentre Rullo è all’opera.  Lo troverete avvolto nella sua tuta bianca da operaio, quasi sempre assorto su un cumulo di terra che addizione su addizione o sottrazione su sottrazione, prenderà vita. Attendendovi l'artista con la "A" ricco di charme e dialettica, vi verrà il dubbio che non sia lui il Vittorio scultore e ceramista. Probabilmente non vi considererà granché, ma se avrete la pazienza di osservarlo, scoprirete la grande relazione di Vittorio con la materia. Per lui fare ceramica altro non è che l'estensione del sé, un fatto naturale come respirare. Non a caso, l’Art Brut di Rullo non nasce per il pubblico e non cerca apprezzamenti. E’ semplicemente vita.
Il suo linguaggio è schietto, crudo, senza fronzoli ed è il motivo per cui può anche non piacere. Ma se lo ami non potrai fare a meno di portare a casa un suo pezzo. In ogni caso, ed è questa la bellezza di Vittorio, a lui non importerà nulla, così come quando, all'inaugurazione delle sue personali, se ne sta un po' in disparte in attesa di darsela a gambe perché <troppa confusione> non fa per lui.


Vittorio Rullo nasce a Catanzaro il primo di aprile 1960. Si trasferisce a Savona giovanissimo. Qui, presso l’istituto Villa Zanelli apprende i primi rudimenti dell’arte della ceramica e scopre le proprie abilità di modellatore. I suoi lavori richiamano molto presto l’interesse del maestro Sandro Lorenzini che gli mette a disposizione studio ed esperienza. Da subito Rullo si concentrerà su figure essenziali realizzate con pochi semplici tocchi a partire dal vuoto attorno al quale la materia prende forma: animali, figure umane, scene erotiche e, più recentemente, personali reinterpretazioni del tema del presepe, realizzate con assoluta economia di gesti. In anni più recenti, grazie al ceramista Marco Tortarolo che lo accoglie nel suo studio in via Della Rovere ad Albisola Superiore, il repertorio si è esteso a soggetti più intimisti e personali mentre cominciano ad arrivare i primi riconoscimenti, mostre personali e la stima di storici e critici d’arte.





martedì 10 aprile 2012

Daniele Franchi, una vita in blues con Hendrix nel cuore

In attesa della presentazione ufficiale del suo primo disco, che avrà luogo il 20 aprile alle 22 a La Claque (Teatro della Tosse) di Genova, un'intervista a tu per tu con Daniele Franchi. 


La parola blues tatuata sul collo e molta voglia di esprimersi e far conoscere la sua musica. Genovese, 22 anni, Daniele Franchi ha fatto del blues una scelta di vita pur non legandosi ad un repertorio tradizionale ma abbracciando mondi che spaziano, senza vincoli o costrizioni, tra il rock e la canzone d’autore in una vocazione stilistica sempre strettamente connessa alla grande e calda madre.
Di quella musica, così immediata e sincera, Franchi predilige il mood intimista, l’essenza, l’attitudine emozionale: un bagaglio straordinario ed una scelta inevitabile per un musicista di Genova, città geneticamente blues.
Sostenuto sin dagli esordi da artisti liguri del calibro di Paolo Bonfanti e Guitar Ray Scona (Renato Scognamiglio),  Daniele Franchi ha avuto la splendida opportunità di averli con sé nella registrazione di alcuni brani del suo “Free Feeling”, primo disco da solista con  Davide Medicina al basso e Andrea Tassara alla batteria. Tra le special guest anche Francesco Piu e Sean Carney.

Il mio approccio al blues è soprattutto emozionale. Ritengo infatti che un repertorio per definizione semplice e spontaneo come quello del blues, sia credibile solo se suonato vivendone appieno l’emotività. Io, più che definirmi un bluesman, preferisco dire che porto nella mia musica quel tipo di atteggiamento, rifacendomi a grandi maestri come  Muddy Waters o Jimi Hendrix”.

Per te, che hai suonato la chitarra sin da bambino, cos'è la musica?
"Per me è la vita. Ho iniziato da bambino sapendo che era ciò che avrei voluto fare da grande. E’  un’esperienza che consiglio agli appassionati di qualunque strumento perché aiuta moltissimo nella crescita emotiva di un individuo, specie se adolescente. Poi per affrontare la quotidianità e le numerose difficoltà della professione occorrono grande determinazione e forza d’animo, ma anche nel caso in cui si dovesse decidere di fare altro nella vita, l’esperienza musicale resterà sempre un bagaglio e un valore".

Nel tuo disco ci sono importanti special guest, com’ è nata la collaborazione?
"Dalla stima reciproca e dalla voglia di sostenermi. Tutti loro hanno creduto nel progetto e mi hanno incoraggiato a procedere offrendomi la meravigliosa opportunità di essere presenti nel mio disco d'esordio. Mi ritengo molto fortunato perché suonare bene è da molti, ma non è scontato ottenere, da subito, la stima e la collaborazione dei colleghi di successo".
   
Tra i coloro che per primi hanno creduto in te chi vorresti ringraziare? 
"Sono grato a Zibba che mi ha inserito negli Almalibre a 19 anni, totalmente privo di esperienza, e mi ha insegnato molto offrendomi la possibilità di esprimere al meglio le mie potenzialità, fino ad arrivare alla scelta d'intraprendere la carriera da solista.
Ringrazio poi infinitamente la mia band, senza la quale non avrei realizzato questo lavoro, e la mia famiglia che mi sostiene da sempre>.

Del tuo primo disco, “Free Feeling” cosa ci racconti?
<Posso semplicemente dire che la musica è totalmente parte della mia vita e questo disco ne è la prova; l’ho scritto in un mese in coincidenza con scelte decise e radicali sia per la mia vita sentimentale, sia per quella professionale. In ogni brano c’è un pezzettino della mia storia e delle intense emozioni vissute di quel periodo >.

Progetti per il futuro?
<Ora si tratta semplicemente di andare avanti, lavorare e crescere, nella vita e nella musica, portando nelle  canzoni e nel mio modo di suonare tutto me stesso. E questo, per me, è decisamente  Blues!>

Alessandra Zacco, giornalista e blogger

Per saperne di più: www.danielefranchi.it 



La copertina del disco di Daniele Franchi

martedì 3 aprile 2012

Gioconda Belli, la scrittrice rivoluzionaria che VIVE SU VENERE

Sempre questa sensazione di inquietudine
Di attesa d’altro.
Oggi sono le farfalle e domani sarà la 
tristezza inspiegabile, 
la noia o l’ansia sfrenata
di rassettare questa o quella stanza,
di cucire, andare qua e là a fare commissioni,
e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito,
creare la mia felicità con
ingredienti da ricetta di cucina,
succhiandomi le dita di tanto in tanto,
di tanto in tanto sentendo che mai potrò essere sazia,
che sono un barile senza fondo,
sapendo che “non mi adeguerò mai”,
ma cercando assurdamente di adeguarmi
mentre il mio corpo e la mia mente si aprono,
si dilatano come pori infiniti
in cui si annida una donna che avrebbe
voluto essere
uccello, mare, stella,
ventre profondo che dà alla luce Universi
splendenti stelle nove...
e continuo a far scoppiare Palomitas nel cervello,
bianchi bioccoli di cotone,
raffiche di poesie che mi colpiscono
tutto il giorno e
mi fanno desiderare di gonfiarmi come un
pallone per contenere
il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare
ovunque, vivendo mille e una vita differente...
Ma devo ricordarmi che sono qui e che
Continuerò
ad anelare, ad afferrare frammenti di chiarore,
a cucirmi un vestito di sole, 
di luna, il vestito verde color del tempo
con il quale ho sognato di vivere
un giorno su Venere.
Gioconda Belli


Gioconda Belli nasce in Nicaragua, a Managua, il 9 dicembre 1948. La sua famiglia è di origini italiane: il bisnonno Antonio Belli (1865) era originario di Colma, piccola frazione del comune di Biella e di professione era agrimensore. Emigrato in Sudamerica,  partecipò alla costruzione del Canale di Panama; da cui si spostò in Nicaragua e dove conobbe e sposò Carlota Chamorro dando origine alla famiglia di Gioconda. Seconda di cinque fratelli, appartiene alla borghesia nicaraguense, cosa che le permette di studiare e di portare avanti gli studi prima in Spagna e poi in America, dove si diploma in Giornalismo a Filadelfia. Nel 1967, dopo la specializzazione in giornalismo, torna in patria e dopo poco tempo inizia a pubblicare le sue poesie su diverse riviste letterarie del suo paese, ottenendo i primi riconoscimenti in ambito nazionale. Entra a far parte nel 1970 del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, curandone le relazioni internazionali, ma è esiliata dal regime di Somoza in Costa Rica. Tornerà in Nicaragua per contribuire alla lotta di liberazione sandinista e, in seguito occuperà varie cariche all'interno del governo rivoluzionario, fino al 1994, anno in cui lascia la politica attiva a causa di alcune sue divergenze con il partito. Nel frattempo porta avanti la sua carriera lettearia, giungendo ai primi successi in ambito internazionale con la raccolta di poesie La costola di eva, che fu un successo in molti paesi sudamericani. Ma il vero successo internazionale arriva con il suo primo romanzo, La donna abitata, pubblicato nel 1989 e tradotto anche in molti paesi Europei e in Nord America.Dal 1990 Gioconda Belli vive a Santa Monica, in California, pur tornando spesso in patria, e continua la professione di scrittrice a tempo pieno.

Alle donne vittime di mariti violenti posso solo dire: SALVATEVI!

Penso che ogni giorno dell'anno dovremmo ricordare le donne che subiscono violenza. Da figlia di una donna che di botte ne ha ...