Il lungo inverno e la neve erano diventati l’occasione per un appuntamento privato con sé stessa. La sua ora d'aria.
Il silenzio ovattato imposto dai fiocchi copiosi e lenti in anarchica caduta libera, le faceva rimbalzare i pensieri dando loro ordine, rifugio, spessore.
Quello che normalmente percepiva come semplice intuizione, idea impalpabile o sfuggente, grazie a quella neve accecante, viva, incessante e lenta si trasformava in profondità, analisi, incontro intimo.
Era come se quel velo bianco, incontaminato e perfetto le suggerisse una scorciatoia, il modo più rapido di raggiungere il fondo - cuore del vulcano - e far conoscenza con ignoti angoli, spigoli, anfratti della sua anima sempre inquieta.
Il gelo improvviso le aveva raffreddato le ossa; disagio subito risolto con una coperta calda stretta attorno al corpo e una tazza di tè fumante tra le mani.
Non riusciva a staccarsi dalla vetrata affacciata sulla
strada:
i tetti rossi cambiavano rapidamente aspetto e così l'asfalto
grigio, le ringhiere d'acciaio, le auto in sosta, gli ulivi e i
sempreverdi.
Il lento susseguirsi di ore di bufera bianca e ventosa, dove
l'assordante protagonista era l'avvolgente silenzio che
trasformava la realtà quotidiana in incantesimo e stupore
dando alla frenesia del giorno un ritmo tutto suo, aveva
indotto in lei una rapida quanto inconsapevole
metamorfosi.
Quei fiocchi leggeri, asciutti nel volo e umidi
all’atterraggio, divennero chiave e metafora dei suoi
processi di pensiero: aleatori, caotici, incontrollabili e
sfuggenti, ma solo fino a quando, come la neve sulle foglie,
non si adagiavano lenti nel fondo del suo cuore e della sua
mente sedimentando prima di sciogliersi in ipotesi,
opinione, certezza, dubbio, ricordo, futuro.
Complice la neve, quell'inverno Alessandra lo trascorse
così, alla finestra, contemplando e ascoltando il silenzio
rumoroso dei fiocchi ora bianchi, ora neri della sua anima.
E non fu tempo perso.
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