giovedì 26 dicembre 2013

Tempesta di Natale




fotografia di Marco Click Ferrando



La forza del vento stravolge il paesaggio. 
Cambia le persone. 
Cappotto, cappuccio, stivali, spruzzi di sale sul viso.

Mani gelate. Cuore caldo. Respiro in affanno. Vene che pulsano. Sangue che scorre in arterie sfilacciate e contorte come percorsi di vita.

Procedo controvento in una solitudine irreale.
E' l'ora dei ricordi. Lascio che le immagini arrivino. Le accolgo. A colori o in bianco e nero, non importa. Non filtro. Non elaboro. Non penso.

Il mare sfacciato mi bagna le labbra, un vortice inatteso mi ruba la sciarpa.
Fortunale di corpi, anime, tronchi d'albero e copertoni. 



Tempesta di Natale.

Nel tempo dei bilanci la mente esonda per le troppe burrasche.
Un passo dopo l'altro riaffiorano i volti ritrovati e persi
Amici dimenticati.
Amori accennati, altri fraintesi.

Poche le cartoline: la fredda notte dei miei 12 anni, con mio fratello addormentato sul passeggino e la nebbia che si tagliava col coltello; 
le montagne dei miei zii coperte di neve nelle feste di famiglia; 
il funerale di mio padre in un grigio mattino di gennaio quando la terra, coperta di brina bianca, per solidarietà col mio dolore si era fatta così dura da sfiancare i becchini nello scavare la fossa.

Il mare inquieto di dicembre è ansia spazio-temporale.  
Le barche sono in allarme ma restano lì, sulla battigia, a scrutare l'orizzonte come marinai in congedo, riluttanti all'idea di dover riprendere il largo.

Il vento del nord mi parla di un abete pieno di luci e del presepe innevato di mia madre - sublime regina dei contrasti - con bianchi minareti d'oriente e laghetti di stagnola dove danzavano minuscole ochette di plastica.

E' tardi. Torno a casa.
La notte, come me, digrigna i denti prima di affrontare, al buio, il rumore sinistro del vento.









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